IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1104/1985 proposto da Senes Fabio, Tonti Benito, Castiglia Giuseppe, D'amico Concettina, Roscio Ornella, Salemi Salvatore, Tiberto Giovanni Enrico, Ravenda Antonio, Minichetti Rachele, Colangelo Agostino, Strani Mariagrazia, Menichella Pompeo, Wjan Aldo, Gelo Gianna, Scattorin Gina Gloria, Garini Carla, Morini Valeria, Martini Giuliano e Perrucca Giuseppina, rappresentati e difesi dall'avv. C. Ribolzi ed elettivamente domiciliati presso lo stesso, in Milano, piazza S. Ambrogio, 10, contro la regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore la giunta, rappresentata e difesa dall'avv. E. Antonini ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Milano, via Caradosso, 11, e nei confronti di Carno Sandro e Marcellini Giuseppe, non costituiti, per la declaratoria di nullita' e/o inefficacia: a) del decreto n. 18114 del 17 gennaio 1985, del presidente della regione Lombardia, con il quale e' stato indetto un concorso "per titoli per la copertura di centocinquantadue posti della seconda qualifica funzionale dirigenziale del ruolo organico della giunta regionale, ai sensi di quanto disposto dall'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60", ed e' stato emanato il relativo bando di concorso; b) della delibera n. III/45597 dell'11 dicembre 1984, con cui la giunta regionale della Lombardia ha determinato di indire il predetto concorso in attuazione delle norme contenute nell'art. 36 della legge regionale n. 60/1984, e, comunque, per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione; c) degli atti medesimi, come sopra meglio indicati e specificati; d) nonche' di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e conseguenziale. Visti il ricorso e la memoria; Viste le controdeduzioni della difesa regionale; Vista la documentazione versata in atti; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, alla pubblica udienza del 19 gennaio 1989, relatore il dott. Stanislao Rosati, gli avvocati Ribolzi e Cocco, per i ricorrenti, e l'avv. Antonini, per la regione; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso notificato il 16 marzo 1985 e depositato il 2 aprile 1985, i ricorrenti, tutti appartenenti alla prima qualifica dirigenziale regionale ex legge regionale 29 novembre 1984, n. 60, domandavano l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, degli atti di cui in premessa, con i quali, ai sensi della legge citata, era stato dato avvio al concorso per titoli per la copertura dei posti della seconda qualifica funzionale dirigenziale del ruolo della giunta regionale. Muovendo dalla premessa che, pur potendo prender parte al concorso, nessuno di essi ha "... la materiale possibilita' non solo di risultare vincitore... ma neanche di conseguire la relativa idoneita'... in relazione ai criteri di valutazione dei titoli concorsuali... predeterminati puntualmente nel quarto comma dell'art. 36 della legge regionale n. 60/1984", deducevano le seguenti censure: 1) non contenendo il bando di concorso alcuna disposizione sostanziale in ordine alla valutazione dei titoli ma limitandosi, in proposito, ad operare un mero rinvio alle puntuali previsioni del quarto comma dell'art. 36 della legge regionale n. 60/1984, l'operato dell'ente era da ritenersi illegittimo in quanto: la materia concorsuale non rientra tra quelle per le quali e' attribuita alle regioni competenza legislativa; la determinazione dettagliata dei titoli e del relativo punteggio e' materia tipicamente amministrativa e quindi non disciplinabile con atto legislativo regionale che, tra l'altro, avrebbe sortito l'inammissibile effetto di rendere piu' difficile l'esercizio della tutela giurisdizionale; 2) non sarebbero stati conformi ai principi di imparzialita', parita' di trattamento, diritto al lavoro, accesso ai pubblici uffici e omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, le disposizioni del bando (e, percio', della legge: art. 36, quarto comma, lettera C1) della legge regionale n. 60/1984) le quali attribuivano valore determinante ad un "incarico in atto", di natura fiduciaria, temporanea e revocabile e limitavano la valutazione dei servizi pregressi soltanto a quelli prestati in posizione di ruolo presso la regione, con esclusione dei servizi e delle funzioni prestati come dipendente di altri enti pubblici (art. 36, quarto comma); 3) il legislatore regionale avrebbe omesso di indicare, nell'art. 47, la indicazione dei mezzi finanziari per far fronte alle nuove e maggiori spese collegate all'attuazione della legge regionale n. 60/1984; 4) la predeterminazione del punteggio e delle relative modalita' di ripartizione da parte della legge regionale n. 60/1984, rendendo la procedura concorsuale affatto fittizia, avrebbe costituito sicuro indizio dello sviamento assoluto della causa tipica dei provvedimenti impugnati, che sarebbero pertanto affetti da nullita' radicale. Si costituiva la regione, affermando l'infondatezza delle sollevate eccezioni di illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 60/1984, di cui le procedure concorsuali avviate rappresentavano corretta attuazione, ed il rilevante danno che l'accoglimento della domanda di sospensione degli atti impugnati avrebbe arrecato alla organizzazione degli uffici regionali. Nella camera di consiglio del 9 maggio 1985, il tribunale, in sede di trattazione della istanza cautelare, respinta la tesi dello sviamento della causa e della nullita' assoluta dei provvedimenti impugnati, in quanto conformi alla legge da cui traevano fondamento, si soffermava sulle questioni di legittimita' costituzionale disattendendo alcune di quelle proposte e ritenendo, invece, non manifestamente infondate altre, anche in relazione a profili non formalmente eccepiti dai ricorrenti. Onde, sospesa ogni decisione sul giudizio, con ordinanza n. 205/1985 disponeva la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunciasse sulle ipotizzate incostituzionalita': dell'art. 36 della legge regionale n. 60/1984, nella parte in cui attribuiva venti punti all'incarico in atto delle funzioni di dirigente di servizio ai fini del concorso ivi previsto (quarto comma, lettera C1), e nella parte in cui (quarto comma, lettera A) allo stesso fine, limitava la valutazione dei servizi pregressi a quelli prestati in posizione di ruolo presso la regione, in relazione agli artt. 3, 117 e 51 della Costituzione; dell'art. 47 della stessa legge in quanto non indicava i mezzi per far fronte agli oneri da essa derivanti, in relazione all'art. 81 della Costituzione. Con sentenza 11-24 marzo 1988, n. 331, la Corte costituzionale, parzialmente accogliendo le argomentazioni sviluppate da questo giudice, dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 36, quarto comma, lettera A), della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60 "nella parte in cui esclude qualsiasi valutazione dei servizi prestati come dipendente di altri enti pubblici, compreso lo Stato", giudicando infondate le restanti questioni sollevate sia con riguardo allo stesso articolo che all'art. 47 della medesima legge. Il giudizio veniva quindi riassunto dagli interessati che non solo insistevano per l'accoglimento del ricorso ma, anzi, prendendo spunto dalle motivazioni con le quali la Corte costituzionale aveva sanzionato l'illegittimita' dell'art. 36, quarto comma, lettera A), della legge regionale n. 60/1984, affermavano che la decisione possedeva una "latitudine" ben piu' ampia di quanto non si rilevasse ad un primo e sommario esame andando ad investire anche altre disposizioni della legge stessa. Osservavano, piu' puntualmente, che il giudice delle leggi aveva censurato la mancata valutazione dei servizi prestati alle dipendenze di enti diversi dalla regione giudicandola in "stridente contraddizione con il principio della qualifica funzionale, il quale, come e' noto, da' rilievo alle prestazioni lavorative, considerate nei loro contenuti oggettivi e non gia' in ragione dei particolati ambiti organizzativi in cui quelle siano state svolte". Sostenevano che tali considerazioni non potevano non andare ad incidere anche su ulteriori disposizioni dell'art. 36, concepite dal legislatore regionale in un'ottica indiscutibilmente identica a quella che aveva ispirato la norma giudicata illegittima. Evidenziavano, in particolare, che con i punti C2) e C3), dell'art. 36 di cui si tratta, si era stabilita la valutazione, ai fini del concorso, dello "svolgimento pregresso delle funzioni di dirigente di servizio" e, rispettivamente, "delle funzioni di responsabile di ufficio o di direzione di centro regionale di formazione professionale e analoghi" e che, con apposita legge di interpretazione autentica, 27 marzo 1985, n. 22, la regione, al fine di evitare possibili equivoci, aveva esplicitamente chiarito che: la disposizione di cui al punto C2) era da intendersi nel senso della valutabilita' delle "funzioni di dirigente dei servizi istituiti dalla legge regionale n. 42/1979, e successive modificazioni ed integrazioni, conferite dai competenti organi regionali in conformita' delle specifiche fattispecie e secondo le specifiche procedure previste dalla normativa regionale vigente"; la disposizione di cui al punto C3) andava intesa nel senso che gli "uffici" erano da considerare solo quelli istituiti in applicazione della legge regionale n. 42/1979 e successive modificazioni o integrazioni mentre "analoghi", da intendere riferito solo ai centri regionali di formazione professionale, erano da considerare esclusivamente i centri e le scuole della regione (legge regionale n. 22/1985, art. 1). Alla luce dei suesposti sviluppi difensivi, insistevano per l'annullamento dei provvedimenti impugnati, in via incidentale chiedendo "ove ritenuto necessario e senza pregiudizio all'accoglimento nel merito della domanda, di dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della legge regionale 27 marzo 1985, n. 22, art. 1, secondo e terzo comma, in relazione al disposto degli artt. 3, 4, 36 e 97 della Costituzione, rimettendo di conseguenza la questione alla Corte costituzionale". Alle riferite argomentazioni controdeduceva la difesa regionale sostenendo la carenza di interesse dei ricorrenti all'annullamento degli atti impugnati con conseguente inammissibilita' del ricorso. In particolare con la memoria del 3 gennaio 1989, la suddetta difesa argomentava in pratica che: la sentenza della Corte costituzionale aveva dichiarato la illegittimita' dell'art. 36, quarto comma, punto A), della legge regionale n. 60/1984, nella parte in cui escludeva la valutazione dei servizi prestati alle dipendenze di enti diversi dalla regione; tale disposizione riconosceva ai titoli di servizio da essa previsti, sia pur individuati nel senso criticato dalla Corte, un punteggio massimo di quindici punti; fermo restando quel limite massimo, qualora fosse stata ripetuta la procedura concorsuale ed attribuito a ciascuno dei ricorrenti il riferito punteggio massimo, nessuno di essi avrebbe conseguito, nella graduatoria gia' compilata, un avanzamento utile ai fini della vincita del concorso. All'udienza di discussione, le parti ribadivano sinteticamente le rispettive impostazioni gia' manifestate. L'amministrazione regionale produceva inoltre la delibera della giunta regionale n. IV/39238 del 17 gennaio 1989, con la quale, allineandosi sostanzialmente all'indirizzo espresso dalla propria difesa nella memoria del 3 gennaio 1989, prendeva atto della sentenza n. 331/1988 della Corte costituzionale e, verificata l'irrilevanza - quanto alla posizione dei singoli ricorrenti - dei conseguenti effetti nella graduatoria dei vincitori, procedeva alla conferma di quest'ultima, disponendo altresi' che "ai soli fini dell'eventuale conseguimento del punteggio atto a conseguire l'idoneita' prevista dal quarto comma dell'art. 36", i ricorrenti stessi avrebbero potuto produrre, entro trenta giorni dalla notifica della delibera stessa "i titoli corrispondenti al servizio svolto prima dell'immissione nei ruoli regionali, onde valutare il complessivo servizio svolto sino ad un massimo di quindici punti come previsto dal quarto comma, lettera a), dell'art. 36 della suddetta legge regionale n. 60/1984...". D I R I T T O Con sentenza parziale in pari data, si e' provveduto ad esaminare ed a considerare infondati i motivi di cui ai punti 1), 3) e 4) dell'esposizione in fatto ed a rigettare il ricorso relativamente ai motivi stessi. La censura riportata in narrativa sub 2) e' stata ritenuta infondata nella parte relativa alla pretesa arbitrarieta' della concessione di venti punti per l'incarico in atto della responsabilita' di servizio, prevista dall'art. 36, quarto comma, lettera C1). Cio' in quanto la disposizione contenuta nella norma richiamata e' stata ritenuta compatibile con il principio del buon andamento sancito dall'art. 97 della Costituzione, dalla sentenza 11-24 marzo 1988, n. 331, della Corte costituzionale. In applicazione delle statuizioni contenute nella pronuncia teste' richiamata ed in accoglimento del relativo mezzo di censura, il collegio ha poi provveduto con la sentenza parziale ad annullare i provvedimenti regionali impugnati nella parte in cui escludevano la valutabilita' del servizio prestato dai ricorrenti come dipendenti di ruolo di enti pubblici diversi dalla regione, in posizioni corrispondenti alla settima ed ottava qualifica funzionale. Tale limitazione era infatti prevista dall'art. 36, quarto comma, lettera A), della legge regionale 29 novembre 1984, n. 64, norma sanzionata da illegittimita' costituzionale dalla ricordata sentenza n. 331/1988. La censura e' pero' idonea ad investire anche la mancata valutazione delle funzioni svolte dai ricorrenti presso enti pubblici diversi dalla regione, in posizioni dirigenziali corrispondenti o assimilabili a quelle di "dirigente di servizio " e di "responsabile d'ufficio", di cui ha piu' volte ricordato art. 36, quarto comma, lettera C2) e C3). Al riguardo i ricorrenti assumono in primo luogo che tale norma non impedisce la considerazione delle posizioni acquisite presso enti diversi dalla regione in funzioni oggettivamente assimilabili a quelle in essa considerate e che comunque le motivazioni con le quali la Corte ha sanzionato l'illegittimita' dell'art. 36, quarto comma, lettera A), della legge regionale n. 60/1984, nella loro ampia latitudine, andrebbero ad investire anche altre disposizioni della legge stessa, concepite in un'ottica affatto identica a quella che aveva informato la disposizione ritenuta incostituzionale. In particolare, si e' sostenuto, risulterebbero "coinvolte" le disposizioni di cui ai punti C2) e C3) dell'art. 36, quarto comma, siccome interpretate dalla successiva legge di interpretazione autentica, 27 marzo 1985, n. 22. E' da escludere pero', ad avviso del collegio, che la portata della sentenza n. 331/1988 possa dilatarsi fino al punto di partecipare il formulato giudizio di incostituzionalita' anche a disposizioni della legge regionale n. 60/1984 non segnalate all'esame della Corte, ne' da questa in qualche modo considerate, soprattutto in considerazione della sopravvenuta normativa interpretativa. Ne' e' a tali fini invocabili la successiva sentenza n. 879/1988 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lettera b), della legge regionale interpretativa n. 22/1985, in quanto unicamente riferita alla omessa valutazione delle funzioni dirigenziali svolte, in base a comando della regione, presso centri professionali organizzati a livello comunale. Detta sentenza investe infatti l'irrazionale restrizione interpretativa dell'espressione "analoghi", riferita unicamente ai centri di formazione professionale (cfr. art. 1 lettera b), citata), contenuta nella lettera C3), dell'art. 36, quarto comma, della legge regionale n. 60/1984 e non concerne quindi le preclusioni, imposte invece dall'art. 1, secondo e terzo comma, lettere a) e c), della legge interpretativa, all'interpretazione delle lettere C2) e C3) per la individuazione delle funzioni dirigenziali rilevanti ai fini dell'attribuzione del punteggio per la formazione della graduatoria in questione. Non puo' peraltro negarsi che le disposizioni dell'art. 36, quarto comma, lettere C1) e C2), nell'interpretazione fissata dalla successiva legge regionale n. 22/1985, non sembrano ineccepibili alla luce dei rilievi esplicitati dalla Corte a sostegno della giudicata incostituzionalita' della lett. A) dello stesso comma dell'articolo di cui si tratta e della lett. B) del terzo comma dell'art. 1 della legge regionale 27 marzo 1985, n. 22. Anche in tale caso, infatti, il legislatore regionale ha ritenuto di privilegiare la valutazione dello svolgimento pregresso delle funzioni di dirigente dei servizi istituiti dalla legge regionale n. 42/1979 e quelle di dirigente degli uffici, istituiti in forza della suddetta legge, ovvero i criteri dei centri e delle scuole di formazione professionale della regione, escludendo analoghe funzioni assolte in posizioni corrispondenti ppresso enti diversi e stabilendo un trattamento differenziato tra le prestazioni lavorative valutabili, giustificato non gia' sulla base dei contenuti oggettivi delle prestazioni stesse ma piuttosto, e incomprensibilmente, in ragione dei particolari ambiti organizzativi in cui quelle fossero state svolte. Quanto sopra con innegabile danno di quei ricorrenti cui non e' stato riconosciuto punteggio alcuno per i servizi da ciascuno prestati in posizione dirigenziale ma presso enti diversi dalla regione Lombardia. Come la Corte costituzionale ha gia' rrilevato anche nella richiamata sentenza n. 879/1988 "limitando la valutazione delle funzioni dirigenziali esclusivamente a quelle prestate presso l'ente regione la legge de qua ha compiuto una scelta palesemente arbitraria violando il principio di ragionevolezza". Anche nel caso in esame opera la medesima limitazione onde le residue applicazioni della norma censurata appaiono chiaramente incompatibili con il principio di uguaglianza, nella lettura che la Corte costantemente evince dall'art. 3 della Costituzione. La norma stessa appare altresi' lesiva del principio del diritto al lavoro riconosciuto dagli articoli 4 e 51 della Costituzione a tutti i cittadini secondo le loro possibilita' e le loro scelte, in quanto per la copertura dei posti della qualifica dirigenziale essa introduce arbitrarie diversificazioni tra titoli analoghi che danno vita a situazioni di ingiustificato privilegio, cosi' violando il principio generale della par condicio e dell'accesso ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza. Il principio di imparzialita' e buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione risulta poi violato per piu' profili. Irrazionale si configura in primo luogo la duplice valutazione dello stesso titolo, risultante dall'art. 36, lettera C1), della legge regionale n. 64/1984 e dalla lettura della stessa norma lettere C2) e C3), imposta dalla legge interpretativa. Se infatti, come ha gia' osservato la sentenza n. 331/1988, la concessione di un elevato punteggio per l'incarico in atto di responsabile di servizio non lede il principio del buon andamento, dovendosi ritenere un adeguato riconoscimento del livello di professionalita' e di competenza assicurato dai dirigenti regionali, del tutto irrazionale appare per contro riconoscere un punteggio aggiuntivo riservato esclusivamente al servizio prestato allo stesso titolo. In tale prospettiva l'avere escluso da qualsiasi valutazione i servizi prestati in posizione dirigenziale presso enti pubblici diversi dalla regione equivale a precostituire una situazione di irrimediabile vantaggio per concorrenti ben individuabili, cosi' avvalorando il sospetto che il concorso de quo dovesse avere, nelle intenzioni del legislatore regionale, un esito ampiamente precostituito. Se e' indubbio che alla luce di tale finalita' la disciplina della procedura concorsuale appare pienamente funzionale, il quesito da porre al giudice delle leggi e' se una tale disciplina, preordinata a regolarizzare con i crismi delle formalita' concorsuali un assetto determinatosi per ragioni del tutto contingenti, sia o meno compatibile con i principi generali del nostro ordinamento quali e' dato evincere dalle norme costituzionali invocate. Anche la limitazione temporale introdotta dall'art. 1, terzo comma, lettera c), come ha gia' osservato la sezione di Brescia di questo tribunale nell'ordinanza n. 837/1988, non puo' trovare altre giustificazioni se non nell'intento di consolidare la situazione in atto e favorire la posizione dei dipendenti titolari dell'incarico di responsabile di servizio. Cio' con ovvio pregiudizio di altri funzionari ancorche', come in ipotesi, in possesso di maggiori titoli di carriera, solo perche' acquisiti presso altri enti pubblici in epoca in cui le funzioni dirigenziali non erano riscontrabili nell'organizzazione regionale e non consentivano percio' alcuna utile valutazione a vantaggio dei funzionari gia' in servizio presso l'ente regione. Non si riuscirebbe altrimenti a comprendere perche', rispetto alla rilevanza ricnosciuta dallo stesso art. 36 al servizio svolto dal 15 dicembre 1973, l'art. 1, lettera c), della legge regionale n. 22/1985 limiti la valutabilita' delle funzioni svolte nella qualifica dirigenziale iniziale ai soli periodi successivi all'individuazione delle funzioni e degli organici dirigenziali nell'ordinamento regionale. Ma se, come ha gia' avvertito la Corte, la considerazione dei titoli in un concorso e' indiscutibilmente diretta ad accertare l'esperienza professionale e le capacita' organizzative e direttive dei candidati, deve ritenersi privo di qualsivoglia giustificazione l'aver negato rilevanza al servizio svolto in posizioni dirigenziali nel periodo compreso tra la fine del 1973 e la data di entrata in vigore della legge regionale n. 42/1979, a differenza del servizio invece svolto in posizioni corrispondenti alla settima ed ottava qualifica funzionale. Al contrario una prolungata anzianita' di servizio dirigenziale dovrebbe ritenersi titolo poziore e maggiormente indicativo della acquisita capacita' manageriale, tanto piu' se l'anzianita' stessa, in quanto maturata presso diversi enti pubblici, testimoni di un'esperienza ricca e composita. Per tale profilo la totale mancanza di valutazione di un consimile servizio appare ulteriormente lesiva del prrincipio di uguaglianza e ragionevolezza, oltreche' di quello di imparzialita'. Deve pertanto giudicarsi rrilevante e non manifestamente infondata la prospettata questione di legittimita' costituzionale, in relazione al disposto degli articoli 3, 4, 51 e 97 della legge regionale 27 marzo 1985, n. 22, art. 1, secondo e terzo comma, di "interpretazione autentica dell'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60". Conclusivamente, il ricorso, per i profili in esame, deve essere sospeso in attesa che la Corte costituzionale, si pronunci sulla predetta questione di costituzionalita'.