IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 1104/1985
 proposto da Senes Fabio, Tonti Benito,  Castiglia  Giuseppe,  D'amico
 Concettina,   Roscio  Ornella,  Salemi  Salvatore,  Tiberto  Giovanni
 Enrico, Ravenda  Antonio,  Minichetti  Rachele,  Colangelo  Agostino,
 Strani  Mariagrazia,  Menichella  Pompeo,  Wjan  Aldo,  Gelo  Gianna,
 Scattorin Gina Gloria, Garini Carla, Morini Valeria, Martini Giuliano
 e Perrucca Giuseppina, rappresentati e difesi dall'avv. C. Ribolzi ed
 elettivamente domiciliati presso lo  stesso,  in  Milano,  piazza  S.
 Ambrogio,  10, contro la regione Lombardia, in persona del presidente
 pro-tempore la giunta, rappresentata e difesa dall'avv.  E.  Antonini
 ed   elettivamente  domiciliata  presso  lo  stesso  in  Milano,  via
 Caradosso, 11, e nei confronti di Carno Sandro e Marcellini Giuseppe,
 non costituiti, per la declaratoria di nullita' e/o inefficacia:
       a)  del  decreto  n.  18114 del 17 gennaio 1985, del presidente
 della regione Lombardia, con il quale e' stato  indetto  un  concorso
 "per titoli per la copertura di centocinquantadue posti della seconda
 qualifica funzionale dirigenziale del  ruolo  organico  della  giunta
 regionale,  ai  sensi  di  quanto  disposto  dall'art. 36 della legge
 regionale 29 novembre 1984, n. 60", ed e' stato emanato  il  relativo
 bando di concorso;
       b)  della  delibera n. III/45597 dell'11 dicembre 1984, con cui
 la giunta regionale della  Lombardia  ha  determinato  di  indire  il
 predetto  concorso  in  attuazione delle norme contenute nell'art. 36
 della legge regionale n. 60/1984, e,  comunque,  per  l'annullamento,
 previa sospensione dell'esecuzione;
       c)   degli   atti   medesimi,  come  sopra  meglio  indicati  e
 specificati;
       d)  nonche' di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e
 conseguenziale.
    Visti il ricorso e la memoria;
    Viste le controdeduzioni della difesa regionale;
    Vista la documentazione versata in atti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla  pubblica  udienza  del  19 gennaio 1989, relatore il
 dott.  Stanislao  Rosati,  gli  avvocati  Ribolzi  e  Cocco,  per   i
 ricorrenti, e l'avv. Antonini, per la regione;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  ricorso  notificato il 16 marzo 1985 e depositato il 2 aprile
 1985,  i  ricorrenti,  tutti  appartenenti   alla   prima   qualifica
 dirigenziale  regionale  ex  legge regionale 29 novembre 1984, n. 60,
 domandavano l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, degli
 atti  di  cui  in premessa, con i quali, ai sensi della legge citata,
 era stato dato avvio al concorso per  titoli  per  la  copertura  dei
 posti della seconda qualifica funzionale dirigenziale del ruolo della
 giunta regionale.
    Muovendo   dalla  premessa  che,  pur  potendo  prender  parte  al
 concorso, nessuno di essi ha "... la materiale possibilita' non  solo
 di  risultare  vincitore...  ma  neanche  di  conseguire  la relativa
 idoneita'... in  relazione  ai  criteri  di  valutazione  dei  titoli
 concorsuali... predeterminati puntualmente nel quarto comma dell'art.
 36 della legge regionale n. 60/1984", deducevano le seguenti censure:
      1)  non  contenendo  il  bando  di  concorso alcuna disposizione
 sostanziale in ordine alla valutazione dei titoli ma limitandosi,  in
 proposito,  ad  operare  un  mero rinvio alle puntuali previsioni del
 quarto comma dell'art. 36 della legge regionale n. 60/1984, l'operato
 dell'ente era da ritenersi illegittimo in quanto:
       la  materia  concorsuale non rientra tra quelle per le quali e'
 attribuita alle regioni competenza legislativa;
       la   determinazione  dettagliata  dei  titoli  e  del  relativo
 punteggio  e'  materia  tipicamente  amministrativa  e   quindi   non
 disciplinabile  con  atto  legislativo  regionale  che,  tra l'altro,
 avrebbe sortito l'inammissibile effetto  di  rendere  piu'  difficile
 l'esercizio della tutela giurisdizionale;
      2)  non  sarebbero  stati conformi ai principi di imparzialita',
 parita' di trattamento, diritto al lavoro, accesso ai pubblici uffici
 e  omogeneizzazione  delle  posizioni giuridiche, le disposizioni del
 bando (e, percio', della legge: art. 36, quarto  comma,  lettera  C1)
 della  legge  regionale  n.  60/1984)  le  quali  attribuivano valore
 determinante  ad  un  "incarico  in  atto",  di  natura   fiduciaria,
 temporanea  e  revocabile  e  limitavano  la  valutazione dei servizi
 pregressi soltanto a quelli prestati in posizione di ruolo presso  la
 regione,  con  esclusione  dei servizi e delle funzioni prestati come
 dipendente di altri enti pubblici (art. 36, quarto comma);
      3)   il   legislatore  regionale  avrebbe  omesso  di  indicare,
 nell'art. 47, la indicazione dei mezzi finanziari per far fronte alle
 nuove e maggiori spese collegate all'attuazione della legge regionale
 n. 60/1984;
      4) la predeterminazione del punteggio e delle relative modalita'
 di ripartizione da parte della legge regionale n.  60/1984,  rendendo
 la  procedura concorsuale affatto fittizia, avrebbe costituito sicuro
 indizio dello sviamento assoluto della causa tipica dei provvedimenti
 impugnati, che sarebbero pertanto affetti da nullita' radicale.
    Si   costituiva   la   regione,  affermando  l'infondatezza  delle
 sollevate eccezioni  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge
 regionale  n.  60/1984,  di  cui  le  procedure  concorsuali  avviate
 rappresentavano  corretta  attuazione,  ed  il  rilevante  danno  che
 l'accoglimento  della  domanda  di  sospensione  degli atti impugnati
 avrebbe arrecato alla organizzazione degli uffici regionali.
    Nella camera di consiglio del 9 maggio 1985, il tribunale, in sede
 di trattazione  della  istanza  cautelare,  respinta  la  tesi  dello
 sviamento  della  causa  e  della nullita' assoluta dei provvedimenti
 impugnati, in quanto conformi alla legge da cui traevano  fondamento,
 si   soffermava   sulle   questioni  di  legittimita'  costituzionale
 disattendendo alcune di quelle  proposte  e  ritenendo,  invece,  non
 manifestamente  infondate  altre,  anche  in  relazione a profili non
 formalmente eccepiti dai ricorrenti.
    Onde,  sospesa  ogni  decisione  sul  giudizio,  con  ordinanza n.
 205/1985  disponeva   la   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale    perche'    si    pronunciasse    sulle   ipotizzate
 incostituzionalita':
      dell'art.  36  della  legge regionale n. 60/1984, nella parte in
 cui attribuiva venti punti all'incarico in  atto  delle  funzioni  di
 dirigente  di  servizio  ai  fini  del  concorso ivi previsto (quarto
 comma, lettera C1), e nella parte in cui (quarto  comma,  lettera  A)
 allo  stesso  fine,  limitava  la valutazione dei servizi pregressi a
 quelli prestati in posizione di ruolo presso la regione, in relazione
 agli artt. 3, 117 e 51 della Costituzione;
      dell'art.  47  della stessa legge in quanto non indicava i mezzi
 per far fronte agli oneri da essa derivanti, in relazione all'art. 81
 della Costituzione.
    Con  sentenza  11-24  marzo 1988, n. 331, la Corte costituzionale,
 parzialmente  accogliendo  le  argomentazioni  sviluppate  da  questo
 giudice,  dichiarava  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 36,
 quarto comma, lettera A), della legge regionale 29 novembre 1984,  n.
 60  "nella  parte  in  cui  esclude qualsiasi valutazione dei servizi
 prestati come dipendente di altri enti pubblici, compreso lo  Stato",
 giudicando infondate le restanti questioni sollevate sia con riguardo
 allo stesso articolo che all'art. 47 della medesima legge.
    Il giudizio veniva quindi riassunto dagli interessati che non solo
 insistevano per l'accoglimento del ricorso ma, anzi, prendendo spunto
 dalle   motivazioni  con  le  quali  la  Corte  costituzionale  aveva
 sanzionato l'illegittimita' dell'art. 36, quarto comma,  lettera  A),
 della  legge  regionale  n.  60/1984,  affermavano  che  la decisione
 possedeva una "latitudine" ben piu' ampia di quanto non si  rilevasse
 ad  un  primo  e  sommario  esame  andando  ad  investire anche altre
 disposizioni della legge stessa.
    Osservavano,  piu'  puntualmente, che il giudice delle leggi aveva
 censurato la mancata valutazione dei servizi prestati alle dipendenze
 di   enti   diversi   dalla   regione   giudicandola   in  "stridente
 contraddizione con il principio della qualifica funzionale, il quale,
 come  e'  noto,  da' rilievo alle prestazioni lavorative, considerate
 nei loro contenuti oggettivi e non gia' in  ragione  dei  particolati
 ambiti organizzativi in cui quelle siano state svolte".
    Sostenevano  che  tali  considerazioni  non potevano non andare ad
 incidere anche su ulteriori disposizioni dell'art. 36, concepite  dal
 legislatore  regionale  in  un'ottica  indiscutibilmente  identica  a
 quella che aveva ispirato la norma giudicata illegittima.
    Evidenziavano,  in  particolare,  che  con  i  punti  C2)  e  C3),
 dell'art. 36 di cui si tratta, si era stabilita  la  valutazione,  ai
 fini  del  concorso,  dello  "svolgimento pregresso delle funzioni di
 dirigente  di  servizio"  e,  rispettivamente,  "delle  funzioni   di
 responsabile  di  ufficio  o  di  direzione  di  centro  regionale di
 formazione professionale e analoghi" e che,  con  apposita  legge  di
 interpretazione  autentica, 27 marzo 1985, n. 22, la regione, al fine
 di evitare possibili equivoci, aveva esplicitamente chiarito che:
      la  disposizione di cui al punto C2) era da intendersi nel senso
 della  valutabilita'  delle  "funzioni  di  dirigente   dei   servizi
 istituiti   dalla   legge   regionale   n.   42/1979,   e  successive
 modificazioni  ed  integrazioni,  conferite  dai  competenti   organi
 regionali  in  conformita'  delle specifiche fattispecie e secondo le
 specifiche procedure previste dalla normativa regionale vigente";
      la  disposizione di cui al punto C3) andava intesa nel senso che
 gli  "uffici"  erano  da  considerare  solo   quelli   istituiti   in
 applicazione   della   legge   regionale   n.  42/1979  e  successive
 modificazioni o integrazioni mentre "analoghi", da intendere riferito
 solo  ai  centri  regionali  di  formazione  professionale,  erano da
 considerare esclusivamente i centri e le scuole della regione  (legge
 regionale n. 22/1985, art. 1).
    Alla  luce  dei  suesposti  sviluppi  difensivi,  insistevano  per
 l'annullamento  dei  provvedimenti  impugnati,  in  via   incidentale
 chiedendo    "ove    ritenuto    necessario   e   senza   pregiudizio
 all'accoglimento nel merito della domanda, di dichiarare rilevante  e
 non   manifestamente   infondata   la   questione  di  illegittimita'
 costituzionale della legge regionale 27 marzo 1985, n.  22,  art.  1,
 secondo  e terzo comma, in relazione al disposto degli artt. 3, 4, 36
 e 97 della Costituzione, rimettendo di conseguenza la questione  alla
 Corte costituzionale".
    Alle  riferite  argomentazioni  controdeduceva la difesa regionale
 sostenendo la carenza di interesse  dei  ricorrenti  all'annullamento
 degli atti impugnati con conseguente inammissibilita' del ricorso.
    In  particolare  con  la  memoria  del 3 gennaio 1989, la suddetta
 difesa argomentava in pratica che:
      la  sentenza  della  Corte  costituzionale  aveva  dichiarato la
 illegittimita' dell'art. 36, quarto  comma,  punto  A),  della  legge
 regionale n. 60/1984, nella parte in cui escludeva la valutazione dei
 servizi prestati alle dipendenze di enti diversi dalla regione;
      tale  disposizione  riconosceva  ai  titoli  di servizio da essa
 previsti, sia pur individuati nel senso  criticato  dalla  Corte,  un
 punteggio massimo di quindici punti;
      fermo restando quel limite massimo, qualora fosse stata ripetuta
 la procedura concorsuale ed attribuito a ciascuno dei  ricorrenti  il
 riferito punteggio massimo, nessuno di essi avrebbe conseguito, nella
 graduatoria gia'  compilata,  un  avanzamento  utile  ai  fini  della
 vincita del concorso.
    All'udienza  di discussione, le parti ribadivano sinteticamente le
 rispettive impostazioni gia' manifestate.
    L'amministrazione  regionale  produceva  inoltre la delibera della
 giunta regionale n. IV/39238 del  17  gennaio  1989,  con  la  quale,
 allineandosi  sostanzialmente  all'indirizzo  espresso  dalla propria
 difesa nella memoria del 3 gennaio 1989, prendeva atto della sentenza
 n.  331/1988 della Corte costituzionale e, verificata l'irrilevanza -
 quanto alla  posizione  dei  singoli  ricorrenti  -  dei  conseguenti
 effetti  nella  graduatoria dei vincitori, procedeva alla conferma di
 quest'ultima, disponendo altresi' che "ai  soli  fini  dell'eventuale
 conseguimento  del  punteggio  atto a conseguire l'idoneita' prevista
 dal quarto comma dell'art. 36", i ricorrenti stessi avrebbero  potuto
 produrre, entro trenta giorni dalla notifica della delibera stessa "i
 titoli corrispondenti al servizio svolto  prima  dell'immissione  nei
 ruoli regionali, onde valutare il complessivo servizio svolto sino ad
 un massimo di quindici punti come previsto dal quarto comma,  lettera
 a), dell'art. 36 della suddetta legge regionale n. 60/1984...".
                             D I R I T T O
    Con  sentenza parziale in pari data, si e' provveduto ad esaminare
 ed a considerare infondati i motivi di cui  ai  punti  1),  3)  e  4)
 dell'esposizione  in fatto ed a rigettare il ricorso relativamente ai
 motivi stessi.
    La  censura  riportata  in  narrativa  sub  2)  e'  stata ritenuta
 infondata nella  parte  relativa  alla  pretesa  arbitrarieta'  della
 concessione   di   venti   punti   per   l'incarico   in  atto  della
 responsabilita' di servizio, prevista  dall'art.  36,  quarto  comma,
 lettera C1).
      Cio'  in quanto la disposizione contenuta nella norma richiamata
 e' stata ritenuta compatibile con il  principio  del  buon  andamento
 sancito  dall'art.  97 della Costituzione, dalla sentenza 11-24 marzo
 1988, n. 331, della Corte costituzionale.
    In applicazione delle statuizioni contenute nella pronuncia teste'
 richiamata ed in accoglimento  del  relativo  mezzo  di  censura,  il
 collegio  ha  poi  provveduto con la sentenza parziale ad annullare i
 provvedimenti regionali impugnati nella parte in cui  escludevano  la
 valutabilita' del servizio prestato dai ricorrenti come dipendenti di
 ruolo  di  enti  pubblici  diversi  dalla   regione,   in   posizioni
 corrispondenti alla settima ed ottava qualifica funzionale.
    Tale  limitazione era infatti prevista dall'art. 36, quarto comma,
 lettera A), della legge regionale 29  novembre  1984,  n.  64,  norma
 sanzionata  da illegittimita' costituzionale dalla ricordata sentenza
 n. 331/1988.
    La   censura  e'  pero'  idonea  ad  investire  anche  la  mancata
 valutazione delle funzioni svolte dai ricorrenti presso enti pubblici
 diversi  dalla  regione,  in  posizioni dirigenziali corrispondenti o
 assimilabili a quelle di "dirigente di servizio " e di  "responsabile
 d'ufficio",  di  cui  ha  piu' volte ricordato art. 36, quarto comma,
 lettera C2) e C3).
    Al  riguardo  i  ricorrenti assumono in primo luogo che tale norma
 non impedisce la considerazione delle posizioni acquisite presso enti
 diversi  dalla  regione  in  funzioni  oggettivamente  assimilabili a
 quelle in essa considerate e che comunque le motivazioni con le quali
 la  Corte  ha sanzionato l'illegittimita' dell'art. 36, quarto comma,
 lettera A), della  legge  regionale  n.  60/1984,  nella  loro  ampia
 latitudine,  andrebbero  ad  investire anche altre disposizioni della
 legge stessa, concepite in un'ottica affatto identica  a  quella  che
 aveva informato la disposizione ritenuta incostituzionale.
    In  particolare,  si  e'  sostenuto, risulterebbero "coinvolte" le
 disposizioni di cui ai punti C2) e C3) dell'art.  36,  quarto  comma,
 siccome   interpretate  dalla  successiva  legge  di  interpretazione
 autentica, 27 marzo 1985, n. 22.
    E'  da  escludere  pero',  ad  avviso del collegio, che la portata
 della  sentenza  n.  331/1988  possa  dilatarsi  fino  al  punto   di
 partecipare  il  formulato  giudizio  di  incostituzionalita' anche a
 disposizioni della legge regionale n. 60/1984 non segnalate all'esame
 della  Corte,  ne' da questa in qualche modo considerate, soprattutto
 in considerazione della sopravvenuta normativa interpretativa.
    Ne'  e'  a tali fini invocabili la successiva sentenza n. 879/1988
 con  cui  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  1,  terzo  comma,  lettera b), della legge
 regionale interpretativa n. 22/1985, in  quanto  unicamente  riferita
 alla omessa valutazione delle funzioni dirigenziali svolte, in base a
 comando della regione,  presso  centri  professionali  organizzati  a
 livello comunale.
    Detta   sentenza   investe   infatti   l'irrazionale   restrizione
 interpretativa dell'espressione "analoghi",  riferita  unicamente  ai
 centri  di formazione professionale (cfr. art. 1 lettera b), citata),
 contenuta nella lettera C3), dell'art. 36, quarto comma, della  legge
 regionale  n.  60/1984  e non concerne quindi le preclusioni, imposte
 invece dall'art. 1, secondo e terzo comma, lettere  a)  e  c),  della
 legge interpretativa, all'interpretazione delle lettere C2) e C3) per
 la individuazione  delle  funzioni  dirigenziali  rilevanti  ai  fini
 dell'attribuzione  del  punteggio per la formazione della graduatoria
 in questione.
   Non  puo' peraltro negarsi che le disposizioni dell'art. 36, quarto
 comma,  lettere  C1)  e  C2),  nell'interpretazione   fissata   dalla
 successiva legge regionale n. 22/1985, non sembrano ineccepibili alla
 luce dei rilievi esplicitati dalla Corte a sostegno  della  giudicata
 incostituzionalita'  della  lett. A) dello stesso comma dell'articolo
 di cui si tratta e della lett. B) del terzo comma dell'art.  1  della
 legge regionale 27 marzo 1985, n.  22.
    Anche  in tale caso, infatti, il legislatore regionale ha ritenuto
 di privilegiare la  valutazione  dello  svolgimento  pregresso  delle
 funzioni  di dirigente dei servizi istituiti dalla legge regionale n.
 42/1979 e quelle di dirigente degli uffici, istituiti in forza  della
 suddetta  legge,  ovvero  i  criteri  dei  centri  e  delle scuole di
 formazione professionale della regione, escludendo analoghe  funzioni
 assolte in posizioni corrispondenti ppresso enti diversi e stabilendo
 un  trattamento   differenziato   tra   le   prestazioni   lavorative
 valutabili,  giustificato non gia' sulla base dei contenuti oggettivi
 delle prestazioni stesse  ma  piuttosto,  e  incomprensibilmente,  in
 ragione  dei  particolari  ambiti organizzativi in cui quelle fossero
 state svolte.
    Quanto  sopra  con  innegabile danno di quei ricorrenti cui non e'
 stato  riconosciuto  punteggio  alcuno  per  i  servizi  da  ciascuno
 prestati  in  posizione  dirigenziale  ma  presso  enti diversi dalla
 regione Lombardia.
    Come  la  Corte  costituzionale  ha  gia'  rrilevato  anche  nella
 richiamata sentenza  n.  879/1988  "limitando  la  valutazione  delle
 funzioni  dirigenziali esclusivamente a quelle prestate presso l'ente
 regione la legge de qua ha compiuto una scelta palesemente arbitraria
 violando il principio di ragionevolezza".
    Anche  nel  caso  in  esame  opera la medesima limitazione onde le
 residue  applicazioni  della  norma  censurata  appaiono  chiaramente
 incompatibili  con  il principio di uguaglianza, nella lettura che la
 Corte costantemente evince dall'art. 3 della Costituzione.
    La  norma  stessa appare altresi' lesiva del principio del diritto
 al lavoro riconosciuto dagli articoli 4 e  51  della  Costituzione  a
 tutti  i  cittadini secondo le loro possibilita' e le loro scelte, in
 quanto per la copertura dei posti della qualifica  dirigenziale  essa
 introduce  arbitrarie  diversificazioni tra titoli analoghi che danno
 vita a situazioni di ingiustificato  privilegio,  cosi'  violando  il
 principio  generale  della  par  condicio  e dell'accesso ai pubblici
 uffici in condizioni di uguaglianza.
    Il  principio  di  imparzialita'  e  buona  amministrazione di cui
 all'art. 97 della Costituzione risulta poi violato per piu'  profili.
    Irrazionale  si  configura  in  primo luogo la duplice valutazione
 dello stesso titolo, risultante  dall'art.  36,  lettera  C1),  della
 legge regionale n. 64/1984 e dalla lettura della stessa norma lettere
 C2) e C3), imposta dalla legge interpretativa.
    Se  infatti,  come  ha  gia' osservato la sentenza n. 331/1988, la
 concessione di  un  elevato  punteggio  per  l'incarico  in  atto  di
 responsabile  di  servizio  non lede il principio del buon andamento,
 dovendosi  ritenere  un  adeguato  riconoscimento  del   livello   di
 professionalita'  e di competenza assicurato dai dirigenti regionali,
 del tutto irrazionale appare  per  contro  riconoscere  un  punteggio
 aggiuntivo  riservato esclusivamente al servizio prestato allo stesso
 titolo.
    In  tale  prospettiva  l'avere  escluso da qualsiasi valutazione i
 servizi prestati  in  posizione  dirigenziale  presso  enti  pubblici
 diversi  dalla  regione  equivale  a  precostituire una situazione di
 irrimediabile vantaggio  per  concorrenti  ben  individuabili,  cosi'
 avvalorando  il  sospetto che il concorso de quo dovesse avere, nelle
 intenzioni   del   legislatore   regionale,   un   esito   ampiamente
 precostituito.
    Se e' indubbio che alla luce di tale finalita' la disciplina della
 procedura concorsuale appare pienamente  funzionale,  il  quesito  da
 porre al giudice delle leggi e' se una tale disciplina, preordinata a
 regolarizzare con i crismi delle formalita'  concorsuali  un  assetto
 determinatosi   per   ragioni  del  tutto  contingenti,  sia  o  meno
 compatibile con i principi generali del nostro ordinamento  quali  e'
 dato evincere dalle norme costituzionali invocate.
    Anche  la  limitazione  temporale  introdotta  dall'art.  1, terzo
 comma, lettera c), come ha gia' osservato la sezione  di  Brescia  di
 questo  tribunale  nell'ordinanza n. 837/1988, non puo' trovare altre
 giustificazioni se non nell'intento di consolidare la  situazione  in
 atto e favorire la posizione dei dipendenti titolari dell'incarico di
 responsabile  di  servizio.  Cio'  con  ovvio  pregiudizio  di  altri
 funzionari ancorche', come in ipotesi, in possesso di maggiori titoli
 di carriera, solo perche' acquisiti presso  altri  enti  pubblici  in
 epoca  in  cui  le  funzioni  dirigenziali  non  erano  riscontrabili
 nell'organizzazione regionale e non consentivano percio' alcuna utile
 valutazione a vantaggio dei funzionari gia' in servizio presso l'ente
 regione.
    Non si riuscirebbe altrimenti a comprendere perche', rispetto alla
 rilevanza ricnosciuta dallo stesso art. 36 al servizio svolto dal  15
 dicembre 1973, l'art. 1, lettera c), della legge regionale n. 22/1985
 limiti  la  valutabilita'  delle  funzioni  svolte  nella   qualifica
 dirigenziale  iniziale  ai soli periodi successivi all'individuazione
 delle  funzioni  e  degli  organici   dirigenziali   nell'ordinamento
 regionale.
    Ma  se,  come  ha  gia'  avvertito la Corte, la considerazione dei
 titoli in un  concorso  e'  indiscutibilmente  diretta  ad  accertare
 l'esperienza  professionale  e le capacita' organizzative e direttive
 dei candidati, deve ritenersi privo di  qualsivoglia  giustificazione
 l'aver  negato rilevanza al servizio svolto in posizioni dirigenziali
 nel periodo compreso tra la fine del 1973 e la  data  di  entrata  in
 vigore  della  legge  regionale n. 42/1979, a differenza del servizio
 invece svolto in posizioni  corrispondenti  alla  settima  ed  ottava
 qualifica funzionale.
    Al  contrario  una  prolungata anzianita' di servizio dirigenziale
 dovrebbe ritenersi titolo poziore  e  maggiormente  indicativo  della
 acquisita  capacita'  manageriale, tanto piu' se l'anzianita' stessa,
 in  quanto  maturata  presso  diversi  enti  pubblici,  testimoni  di
 un'esperienza ricca e composita.
    Per tale profilo la totale mancanza di valutazione di un consimile
 servizio appare ulteriormente lesiva del prrincipio di uguaglianza  e
 ragionevolezza, oltreche' di quello di imparzialita'.
    Deve pertanto giudicarsi rrilevante e non manifestamente infondata
 la prospettata questione di legittimita' costituzionale, in relazione
 al  disposto  degli  articoli  3, 4, 51 e 97 della legge regionale 27
 marzo 1985, n. 22, art. 1, secondo e terzo comma, di "interpretazione
 autentica  dell'art.  36  della  legge regionale 29 novembre 1984, n.
 60".
    Conclusivamente,  il  ricorso, per i profili in esame, deve essere
 sospeso in attesa che la  Corte  costituzionale,  si  pronunci  sulla
 predetta questione di costituzionalita'.